Intanto però vanno segnalate alcune importanti
novità sul piano filologico e documentario: il ritrovamento del manoscritto dell’epitalamio, cioè canto nuziale, scritto da Gabriele Rossetti
in occasione delle nozze della Regina
Vittoria con Alberto di Sassonia. Il manoscritto, su foglio recto e verso,
20x25, ora in possesso del Centro Europeo di Studi Rossettiani, proviene dal
collezionismo fiorentino e costituisce un reperto di grande valore, se non
altro perché, alla luce delle ricerche finora effettuate, era stato segnalato
dal biografo inglese E.R. Vincent nel 1936 figurare tra gli autografi della
Biblioteca per la Storia del Risorgimento del Vittoriano di Roma. Un testo che
documenta poeticamente nel 1840 (data delle nozze dei due regnanti) l’evento di
cronaca ‘rosa’ più importante di allora, in cui Gabriele Rossetti plaude alla
figura della Regina nota per aver improntato di sé un’intera epoca(63 anni di
Regno) non a caso detta «vittoriana», la più ricca sul piano della cultura
inglese. Rossetti, già avanti negli anni e professore al Kings College, rende
dunque omaggio a quella sovrana che le permette di vivere nella gloriosa
Inghilterra una vita tranquilla, circondato dall’affetto dei suoi figli. Il
poeta si esprime con il suo linguaggio d’occasione e, tra Venere e Giunone e
altre citazioni mitologiche, esprime il suo affetto e la sua commossa partecipazione all’evento: Per
Alberto e per Vittoria, / Sacri oggetti al nostro cor, / Cantiam l’inno della
gloria, / Cantiam l’inno dell’amor. L’auspicio di Rossetti fu ripagato,
visto che la «nonna d’Europa» - come veniva detta la sovrana - diede alla luce
nove figli e, di conseguenza, quarantadue nipoti, imparentati con mezza Europa.
C’è inoltre da segnalare la
scoperta di un ritratto inedito di Gabriele Rossetti proveniente dalla
collezione di Samuel Bancroft, il celebre collezionista di cose rossettiane (nel
suo archivio si contano lettere di Dante Gabriel, di Christina, di William
Michael e altri cimeli). L’immagine, stampata su una carta da visita dei fratelli
Alinari, ci riconsegna un Rossetti
giovane del 1822, «con folta capigliatura corvina e in abito elegante»,
come si legge in un recente studio di
Mirko Menna, Storia di un ritratto inedito di Gabriele Rossetti, pubblicato
in volume miscellaneo da Carabba a ottobre 2018 . Sul retro si legge la scritta
«with Seymour Kirkup’s best regards», ossia «con i migliori auguri di…». Ma chi
era costui? Il barone Kirkup era tra i più affezionati sodali di Rossetti,
anche per le sue competenze esoteriche e misteriosofiche; era colui che partecipò con un gruppo di storici
dell’arte al rinvenimento sulla parete del Bargello a Firenze, di uno dei
ritratti più fedeli di Dante dipinto da Giotto o dalla sua scuola tra il 1336 e
il 1337. Era il 1840 e lo stravagante
Kirkup, corrompendo un custode, si fa rinchiudere nel Bargello per copiare il
ritratto del Dante giottesco, l’unico a non avere il naso aquilino ma «dolce».
Sarà l’unica testimonianza di quel ritratto, prima dello sciagurato restauro
ordinato dal Granduca di Toscana. La copia del ritratto fu inviata a Gabriele
Rossetti, il che spiega perché il Dante di Dante Gabriel ha il naso «dolce».
Su questo episodio si
incentra il libro Il naso di Dante di Pier Luigi Vercesi (Neri Pozza, 2018) che dall’autore
sarà presentato a Vasto a fine febbraio, durante una Giornata di studio
dedicata ai recenti documenti acquisiti dal Centro Rossetti. Il volume, recensito
da Alessandro Cianci (qui in allegato), sta trovando pieno riscontro tra
studiosi e appassionati del filone del Dante esoterico. In quella circostanza,
peraltro, sarà dato conto anche del programma dei «Giovedi Rossettiani 2019»,
che anche quest’anno si annuncia pieno di sorprese.
GIANNI OLIVA
GIANNI OLIVA
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