VI Domenica di Pasqua
Se mi amate osserverete i miei comandamenti (Gv 14,15-21).
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Nei discorsi di addio di Gesù si fa riferimento a volte a più comandamenti, altre volte ad un unico comandamento, quello dell’amore reciproco. Non c’è contraddizione perché in realtà ci viene detto che tutti i comandamenti, sinonimo di tutta la Scrittura, devono avere un criterio interpretativo: il comandamento dell’amore. Gesù lo dice anche altrove quando lo interrogano sul comandamento più importante e lo ribadisce Paolo quando afferma che tutti i comandamenti (cioè tutta la Scrittura) trovano la pienezza in questo precetto: amerai il tuo prossimo come te stesso. In questa luce dobbiamo leggere come comandamento a cui obbedire ciò che afferma Pietro nella seconda lettura di oggi: essere pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi come cristiani. Ma subito Pietro aggiunge: tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto. Penso sia una parola da sottolineare molto, specialmente in questi giorni in cui si è scatenata una polemica indegna nei confronti di una donna che ha deciso (per ragioni che non conosciamo) di convertirsi all’Islam durante il suo sequestro. Ciò che mi colpisce non è solo la mancanza di rispetto verso una decisione fatta in materia di fede, soprattutto quando poi ci si appella alla libertà di culto di fronte ad alcune scelte del governo in una situazione emergenziale come l’attuale pandemia, ma la cattiveria nelle affermazioni fatte anche da chi si professa cristiano, o appartiene addirittura al clero oppure svolge in nome della chiesa un’attività di insegnamento, denigrando sia la persona che lo stesso credo religioso in questione, proprio nei giorni in cui si promuove una preghiera universale fatta anche insieme ai credenti musulmani. In questo modo si calpesta uno dei comandamenti, cioè dei passi della Scrittura, più belli e nobili che siano stati formulati proprio a nome del principe degli Apostoli, cioè del primo papa. Se non sappiamo testimoniare la fede cristiana con dolcezza e rispetto vuol dire che nonostante la pretesa difesa dell’identità cristiana e la richiesta pressante di riaprire i luoghi di culto alla celebrazione eucaristica, stiamo calpestando il nome di Gesù ed è come se mettessimo l’eucaristia sotto i piedi, trasgredendo ciò che riassume tutta la Legge: il comandamento dell’amore.
Don Michele Tartaglia
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