XII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Non abbiate paura (Mt 10,26-33).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà
svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre
voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo
dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il
corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di
colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per
un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre
vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti
contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di
molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà
davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei
cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini,
anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Per tre volte Gesù esorta i suoi discepoli a
non avere paura: questo è il modo in cui Dio si rivolge direttamente o tramite
un messaggero verso qualcuno quando lo chiama a svolgere una missione: è
successo con Mosè, Isaia e, più vicino nel tempo, con Maria, quando ha ricevuto
l’annuncio della nascita di Gesù. I discepoli stanno ricevendo l’incarico di
portare l’annuncio del regno di Dio a tutto il popolo d’Israele e, più avanti,
a tutti i popoli della terra. Ma quest’annuncio non produrrà un’accettazione
automatica, gli applausi e la gloria, ma molto spesso opposizione e
incomprensione, fino addirittura a mettere a rischio la propria vita, come
accadrà a Gesù stesso. Il motivo di questa reazione è data da un semplice
fatto: finché si pensa di star bene la sua Parola diventa inutile e persino
fastidiosa. Solo quando si manifesta il male che produce uno stile di vita
opposto a quello del vangelo sorge l’attenzione per le sue parole che chiedono
la comunione contro l’egoismo, la condivisione al posto della chiusura del
cuore. L’esperienza di un male collettivo ha, almeno per un attimo, fatto
capire che agire per l’altro e con l’altro si può fare e fa stare bene, anche
se purtroppo questa sensazione è passata presto. In questo rapido passaggio da
un atteggiamento prima egoistico poi solidale e ancora di nuovo egoistico
abbiamo sperimentato la differenza che passa tra il vivere la logica del
peccato e quella invece dell’amore di Dio. Chi annuncia il vangelo non deve
avere paura perché sa che quando esso è
accolto trasforma davvero la vita di chi ascolta. Alla fine sarà manifestato
apertamente il bene, per cui chi lo ha accolto sperimenta di aver vissuto una
vita piena mentre chi lo rifiuta semplicemente precipiterà verso il nulla.
Don Michele Tartaglia
Commenti
Posta un commento