XVII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Cose nuove e cose antiche (Mt 13,44-52).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
Una delle più belle frasi espresse da un uomo è quella di sant’Agostino che parla di Dio: “Tardi ti amai, bellezza tanto antica e sempre nuova, tardi ti amai”. Forse Agostino si è ispirato proprio a queste parabole e alla conclusione di Gesù che è quasi un’icona dell’evangelista (è una sorta di autoritratto dell’autore vero del vangelo, uno scriba ebreo diventato credente in Gesù). Il senso delle parabole è chiaro: nell’insegnamento di Gesù non c’è nulla di recente ma viene rivelato ciò che è da sempre: il cuore di un Dio che ama e vuole solo il bene dell’umanità e per ottenere questo non ha esitato, come dice Paolo, ad offrire se stesso sulla croce. Le Scritture d’Israele hanno sempre parlato del grande amore di Dio, amore geloso di marito ma anche amore tenero di padre e madre che si prende cura dei propri figli e li custodisce come pupilla degli occhi. Gesù ha fatto allargare lo sguardo dal più piccolo dei popoli (come disse Mosè) a tutta l’umanità (è questa la novità del vangelo). La bellezza dell’amore di Dio è da sempre a disposizione dell’uomo ma spesso non è percepita, è come un tesoro nascosto in un campo o come una perla preziosa che si perde tra tanta paccottiglia in un bazar orientale. Lo stesso si può dire del vangelo che è stato sepolto nei secoli sotto un coperchio di piombo messo su da chi se ne è servito per sacralizzare la propria sete di potere e di dominio sugli altri, fino a rendere Gesù e la sua Parola qualcosa di alieno alla sete di bellezza e di amore dell’uomo (il filosofo Nietzsche si scagliava contro un cristianesimo grigio e triste che rende schiavi e che era diventato la religione dei divieti e del perbenismo ipocrita). Ma quel tesoro è sempre lì: il ritorno alla Bibbia, lo studio delle origini cristiane, i tentativi di rinnovamento delle chiese (buttar via i pesci cattivi, cioè le cose che non dicono più nulla di autentico su Gesù!) stanno lì a mostrare che quel tesoro è rimasto intatto e sta solo alla saggezza umile dello scriba diventato discepolo poter trarre dal suo tesoro ciò che sembra una novità ma che esiste da sempre nel cuore di Dio e ci è stato rivelato in modo definitivo dall’Uomo di Nazaret.
Don Michele Tartaglia
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